Red Lab Gallery presenta “Tutte quelle cose”
Tutte quelle cose prende avvio da un vero e proprio «carteggio» scaturito da una serie di conversazioni a distanza tra le fotografe Giovanna Gammarota (Milano) e Francesca Loprieno (Parigi). Una corrispondenza che, a partire dall’analisi che le autrici compiono sul loro reciproco percorso visuale, giunge ad affrontare temi portanti e fondamentali del fotografare contemporaneo.
Nel corso del tempo le due fotografe lentamente sviscerano le motivazioni che stanno dietro la ricerca fotografica evidenziando sempre più come la fotografia sia parte integrante della vita visuale e esperienziale di un artista che la utilizzi quale linguaggio espressivo del proprio sentire. Ciascuna delle quattro parti di cui si compone questo carteggio è popolata da due testi in dialogo, corredati da immagini di lavori delle due autrici citati, a volte, all’interno dei testi stessi.
L’intenzione è quella di offrire a chi ascolta e osserva, spunti di riflessione e approfondimento sul tema della ricerca fotografica, un linguaggio che da sempre si nutre di altri linguaggi e di immaginari, individuali e collettivi.
Video 1 pubblicazione 16/12/2020
Video 2 pubblicazione 5/01/2021
Video 3 pubblicazione 19/01/2021
Video 4 pubblicazione 02/02/2021
immagini
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Aveva un senso? Cercare, aveva un senso?
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Possiamo rimanere tutta la vita nello stesso luogo o allontanarci da esso di pochissimo e vivere ugualmente un’esistenza molto intensa e appagante.
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All’interno di queste fotografie non vi sono ricordi tangibili di lui.
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Qui, oggi, in questo momento, non ho immagini fotografiche materiali da mostrarti, ma ne ho tante, davvero tante, dentro di me, ed è questo per me “il valore personale dell’immagine”, quello che io mi porto dentro.
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…perché nulla sta accadendo, in quel preciso istante, possiamo invece dire che tutto è già accaduto e ciò che stiamo osservando, o che abbiamo percepito e che ci ha spinti a scattare una fotografia.
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La luce e lo spazio creano le condizioni per il passaggio della nostra esistenza.
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Il significato di memoria e esperienza si è palesato in me con chiarezza illuminante a partire dalla scomparsa di mio padre.
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Può la fotografia essere così pregna di evocazione?
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autonomo.
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L’immaginazione è l’espediente quotidiano di cui mi piace alimentarmi, come se fosse una stanza, una stanza tutta per me.
biografie
Giovanna Gammarota,
Si occupa di arti visive dal 1995 sia come fotografa sia come critica e curatrice indipendente. È autrice di diversi saggi critici e collabora con le testate giornalistiche Doppiozero, Gente di Fotografia, FC- FOTOGRAFIA E [È] CULTURA.
Il suo approccio alla fotografia è autodidatta, con l’unica eccezione di un corso frequentato alla storica galleria milanese Il Diaframma di Lanfranco Colombo tenuto dalla fotografa genovese Giuliana Traverso (1994). Ma l’incontro con l’immagine ha origine molto prima, all’inizio degli anni Ottanta. È in quel periodo che le capita infatti di vedere la pellicola “Nel corso del tempo” di Wim Wenders le cui immagini in bianco e nero, così basiche, la colpiscono molto, soprattutto le ambientazioni in esterni. Tuttavia non ha mai pensato di essere o voler diventare fotografa, ha sempre pensato alla fotografia come mezzo per esprimere un sentimento intimo di relazione con i luoghi che ha avuto origine molto prima attraverso altri linguaggi: la scrittura in particolare.
Ha esposto in diverse mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
Le tappe che hanno segnato il suo percorso formativo sono passate attraverso la memoria pubblica intrecciata a quella privata. Ha portato il suo interiore a vedere cosa è successo in diversi luoghi in cui la Storia è stata accolta o sepolta, quelli in cui altri artisti hanno rappresentato altre storie, per tornare infine ad una sorta di “luogo dell’origine”.
Spesso ha parlato del proprio lavoro come di una ricerca volta a ridefinire il rapporto esistente tra memoria/luogo/uomo che altro non è se non la ricerca della propria collocazione nel mondo.
Francesca Loprieno,
Il suo lavoro è una continua ricerca tra teoria e pratica sulla nozione di viaggio, concepito non solo come passaggio in uno spazio fisico ma anche come un atto mentale che coinvolge la memoria personale e collettiva.
Attualmente collabora con la Maison du Gest et de L’image di Parigi come artista e ricercatrice esperta di didattica e pedagogia nelle arti visive e insegna Storia dell’Arte presso il liceo Internazionale Leonardo da Vinci di Parigi.
Nel 2011 il suo progetto “Identi-kit” è stato esposto alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte della “Biennale di Venezia”. Nel 2014 ha ricevuto una borsa di studio dal Ministero degli Affari Esteri italiano per svolgere ricerche teoriche sulla sua pratica artistica in relazione alla didattica e alla pedagogia delle immagini in collaborazione con il centro ENDA di Parigi. Partecipa a numerose mostre collettive e personali in gallerie e istituzioni sia in Italia che all’estero. Nel 2018 ha vinto il Premio della Fondazione Primoli di Roma per la promozione della cultura letteraria e artistica tra Italia e Francia, con il suo lavoro “471”. Dopo un Master in Fenomenologia dell’Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, ha studiato fotografia e video in Francia presso la National School of Decorative Arts (ENSAD) di Parigi e la Didattica delle immagini all’Università Sorbonne Nouvelle di Parigi. Con la fotografa Arianna Sanesi ha formato il duo “Esprit de l’Escalier”. “Sibilla” è la prima ricerca artistica che le due artiste hanno condotto insieme.
approfondimenti
Che il viaggio abbia inizio!
Questa sezione di Tutte quelle cose è dedicata all’interazione: potrete trovare contenuti aggiuntivi ma soprattutto qui verranno raccolte tutte le vostre riflessioni e tutto ciò che vorrete condividere con noi e con le due autrici Giovanna Gammarota e Francesca Loprieno.
Noi non sappiamo dove ci porterà questo viaggio…sarete voi a condurci!
Cit. Annalisa Siciliano
Ascoltare la fotografia: Red Lab Gallery, laboratorio di sperimentazione nato nel 2018 e pensato per promuovere la cultura delle immagini, ha ospitato nelle scorse settimane il progetto “Tutte quelle cose”, un dialogo di visione e ascolto in quattro puntate tra le fotografe Giovanna Gammarota (Milano) e Francesca Loprieno (Parigi), a cura di Lucia Pezzulla.
Sul sito, sulle pagine social e sul canale Youtube della galleria sono stati presentati alcuni video in cui le autrici si sono affidate l’una all’altra, nella reciproca lettura delle loro riflessioni sulla ricerca fotografica e delle immagini di alcuni dei loro lavori. Obiettivo del progetto è stato ritrovare una nuova forma di contatto e di dialogo, entrare in relazione con l’osservatore, invitandolo all’ascolto e alla visione e poi ad interagire a sua volta, postando una lettera o un semplice commento, una fotografia o un video.
Il percorso proposto dalle due autrici parte da lontano, da un loro scambio privato di pensieri e riflessioni sulla fotografia, trasformato poi in opportunità di confronto e di apertura al mondo esterno, rivolto a tutti.
Un “carteggio” che è “una preziosa tessitura di esperienze di vita”, sottolinea la curatrice Lucia Pezzulla, “di trame delicate e commoventi, che conduce per mano verso riflessioni sul significato e sulla potenza espressiva e concettuale che la fotografia può offrire, per farci comprendere maggiormente la nostra esistenza.
La fotografia ci costringe a guardare in faccia la memoria, ci porta a interrogarci sul senso e sul valore del nostro stare al mondo, sulla condizione umana. Ogni autore continua a raccontare il suo particolare universo, cercando di svelare sé stesso, la propria identità, sperando di trovare la linfa che soddisfa la sua sete di risposte. Ma la fotografia è anche viaggio, ricerca generativa, di un altrove, di un altro noi. Infine, è un invito a reagire all’insostenibile opacità dell’esistente, uno stimolo a cercare nuove, personali visioni.”
In un momento complesso come quello che stiamo affrontando, che ha costretto a ripensare la quotidianità e il senso della vita, il progetto “Tutte quelle cose” vuole riportare, grazie alle parole e alle fotografie, all’essenza della visione e della vita stessa, sottraendola ad una contemporaneità spesso difficile. È un viaggio attraverso la fotografia, un’ipotesi di percorso per provare a costruire nuove mappe mentali, nel tentativo di comprendere meglio la nostra esistenza.
Articolo L’Ordinario
Fotografie di Ludovica Cattaneo
Citazioni dal progetto “tutte quelle cose” e dal libro “il silenzio è cosa viva” di Chandra Livia Candiani.
Questo vostro scambio mi ha condotto in un bellissimo viaggio, ma in particolare questo ultimo vostro scambio mi ha fatto tornare alla mente l’idea dell’altrove che si ripercuote sul qui e ora. Una tematica a me molto cara e che sento profondamente proiettarsi nello spazio del mediterraneo, la cui superficie condensa proprio il qui e il laggiù contemporaneamente. Grazie della condivisione di queste vostre riflessioni!
Novella Olina
La fotografia come possibilità di una visione al di là del vedere, attributo ecumenico al di là delle frontiere, espressione trasversale e transfrontaliera del sentire, specchio dei sensi oltre le latitudini e paesaggio di frontiera mutante.
Senza distinzione di genere, di portata sociale, verso un oltrepassare la prospettiva offerta dal reale.
Il divenire donna, la liberazione ecumenica senza genere, lo sguardo interrotto come possibilità d’infinito.
Con la fotografia, catturare l’immaginazione di quello che non vedo, di quello che la realtà vorrei che fosse, il vagabondare dell’anima nell’occhio di chi scatta, la visione come pretesto, occasione per trascendere, mescolando fango e stelle.
La visione come pretesto?
La fotografia è qui e ora o annullamento della temporalità. Ma chi scatta è temporale. Affidare la fotografia alle generazioni. Per uno sguardo oltre il tempo.
Paesaggi che si mischiano, paesaggi senza riferimento, costruzione del paesaggio interiore tra valli e volti, col treno che corre, col tempo che corre, avanza e regredisce.
Chi saro’ quando non saro’ più?
Tu, come vivi questa esperienza?
La memoria connessa al sale della terra, dono intergenerazionale, preservare, curare, arricchire con paesaggi inediti…sentire la memoria dell’albero. La memoria del sasso. Ma la natura sa di essere eterna? Il paesaggio sa di essere senso? Il sasso sa di esistere per me?
L’umano elemento del paesaggio transitorio. Il paesaggio-elemento di rottura nel martirio del quotidiano.
Respirare le cose.Respirare il paesaggio, quello che mi è vicino.
E poi guardare il cielo. Per ritrovare la mia memoria tra le nuvole.
Lo sguardo delle generazioni tra le foglie e i venti. Mi guardano. Le guardo.
Fotografare il cielo? Un altro? Un altro cielo? Dove finisce il cielo e inizia il mare?
contributo di Marco Caccavo
– un pensiero assolutamente personale ispirato da questo grande e suggestivo lavoro Artistico, Culturale e Sociale –